Lo sapevo che prima o poi sarebbe accaduto.
Ne ero certo. Ormai sono mesi che ho messo in pausa questo blog per motivi
personali e la voglia di ricominciare a scrivere di cinema era davvero tanta.
Ma aspettavo LUI: quel film che mi avrebbe obbligato a rimettermi a scrivere.
Quella visione che mi avrebbe impedito di rimandare. Ecco, finalmente è
arrivato… e forse nemmeno me l’aspettavo. E pensare che di bei film di recente ne ho visti tanti, ma niente mi aveva così piacevolmente fatto a pezzi come
questo: “Il sale della Terra”, girato di Wim Wenders e Juliano Ribeiro
Salgado, dedicato alla vita ed all’opera artistica del fotografo ed antropologo
Sebastiao Salgado, autore di migliaia di scatti meravigliosi, che nella sua
vita, girando per tutto il mondo ha saputo ritrarre in maniera straordinaria la
sofferenza umana, la continua lotta dell’uomo contro il proprio destino,
sapendo allo stesso tempo omaggiare e mettere in risalto la bellezza
entusiasmante della natura. Un fotografo-pittore, mosso da un potente intento
sociale, che ha immortalato il genocidio in Rwuanda, il terribile conflitto nei
Balcani, la vita dei contadini del Perù e di quelli della Siberia. Un uomo che
con i suoi scatti in bianco e nero ci ha sbattuto in faccia l’orrore della fame e della
morte con progetti come “Other Americas”, “Exodus”, “Workers”, “Sahel: the end
of the road” ed infine ha saputo omaggiare il pianeta con la raccolta
fotografica “Genesis”.
Data
la dovuta promessa, tuttavia, non è di Salgado che voglio parlare, ma di questo
monumentale documentario a lui dedicato da Wim Wenders e dal figlio Juliano.
Buio in sala e la voce narrante ci spiega l’etimologia della parola FOTOGRAFIA.
“Disegnare con la luce” … Ed a quel punto cominciano a prendere forma le
immagini in un bianco e nero stupendo. Siamo scaraventati nella più grande miniera
d’oro del mondo in Brasile, attraverso gli scatti di Salgado e lì comincia il
viaggio… di Wenders, di Salgado stesso che dopo la laurea in economia decise di
abbandonare con coraggio una promettente carriera e mettersi a girare per il
globo per poi mostrare a tutti quella parte del mondo mai vista in occidente.
Ma soprattutto comincia il viaggio di noi spettatori. Un’esperienza
totalizzante capace di toccare qualsiasi sentimento, qualsiasi emozione… SI
sorride, ci si commuove, si rimane terrorizzati. C’è lo sdegno nei confronti di
cose che non osavamo immaginare, dei volti scavati dalla fame, negli occhi
spenti di chi non riesce nemmeno più a sperare. E poi c’è l’estasi provati di
fronte ai paesaggi della Siberia, del deserto etiope.
Wenders
ha fatto un lavoro incredibile con l’Immagine. Mischiando fotografie di Salgado
a riprese da lui stesso fatto (con una fotografia che talvolta ha poco da
invidiare a quella di Salgado), accompagnando sapientemente il tutto con un
voice-over che non stanca mai. Talvolta Wenders riprende Salgado nell’atto di
fotografare, vediamo ciò che il fotografo ha davanti…gli elementi che
comporranno la fotografia ci sono già tutti, ma la foto arriva dopo ed è
incredibile rendersi conto di come un immagine statica riesca a racchiudere di
più di ciò che c’era prima quando la telecamera riprendeva in movimento.
E poi ci sono i primi piano sull’uomo Salgado che
ci racconta la storia delle sue fotografie ed allo stesso tempo la sua storia.
Ci mostrano una persona fiera della propria vita, delle proprie scelte. Che non
si pente di ciò che ha fatto, di essere stato un padre assente, sempre lontano
dalla famiglia. Che non si vergogna ad ammettere di essere entrato
profondamente in crisi dopo il viaggio in Rwuanda, tanto da abbandonare la
fotografia per anni ed aver smesso poi di dedicarsi ai conflitti per cominciare
a fotografare la natura.
L’immagine
e l’uomo. Così riassumerei questo film. L’immagine e l’uomo. Così il cinema
riesce ad esprimere tutta la sua potenza. Salgado è sempre stato interessato
all’Uomo. Il vero sale della Terra siamo noi: gli uomini con tutte le nostre
contraddizioni. Uomini diversi in ogni parte del pianeta, ognuno a combattere
la propria lotta. Questo ha sempre voluto raccontare il protagonista e come i
migliori registi, al pari di un Bergman o di un Antonioni ha deciso di farlo
attraverso quello che è uno degli strumenti più importanti per colpire
direttamente al cuore e toccare le corde più profonde dell’animo umano: l’Immagine.
Scusate se insisto, ma in un periodo in cui il cinema sembra aver perso l’interesse
per l’immagine, eclissandosi dietro la narrazione e l’azione, Wenders
attraverso Salgado riesce ad affermare nuovamente la potenza incredibile dell’immagine.
Cinema all’ennesima potenza quindi. Finalmente.
Si
naufraga in un calderone di emozioni. Di fronte a noi l’infinito. Che è il
mondo, che è l’uomo.
“Quella di Salgado è
un'epopea fotografica degna del Fitzcarraldo herzoghiano, pronto a muovere le
montagne col suo sogno 'lirico'. Viaggiatore irriducibile, Sebastião Salgado ha
esplorato ventisei paesi e concentrato il mondo in immagini bianche e nere di
una semplicità sublime e una sobrietà brutale. Interrogato dallo sguardo fuori
campo di Wenders e accompagnato sul campo dal figlio, l'artista si racconta
attraverso i reportages che hanno omaggiato la bellezza del pianeta e gli
orrori che hanno oltraggiato quella dell'uomo. Fotografo umanista della miseria
e della tribolazione umana, Salgado ha raccontato l'avidità di milioni di
ricercatori d'oro brasiliani sprofondati nella più grande miniera a cielo
aperto del mondo, ha denunciato i genocidi africani, ha immortalato i pozzi di
petrolio incendiati in Medio Oriente, ha testimoniato i mestieri e il mondo industriale
dismesso, ha perso la fede per gli uomini davanti ai cadaveri accatastati in
Rwanda e 'ricomposti' nella perfezione formale e compositiva del suo lavoro. Un
lavoro scritto con la luce e da ammirare in silenzio.” –Marzia Gandolfi.
Scatti fotografici intensi e mozzafiato, carichi di umanità e purtroppo, anche sofferenza.
RispondiEliminaBentornato Vittorio! Non sparire subito di nuovo però :)
Grazie Frank!!! Compatibilmente con i molti impegni cercherò di non sparire di nuovo!!!
EliminaIl film non l'ho visto, ma...
RispondiEliminaSono felicissimo che tu sia ritornato :)
Grazie mille dell'affetto che dimostri Jean!!!!
EliminaFigurati! Mi sembra il minimo verso un 'collega' che ho sempre ammirato :D
Elimina